Dal Fondo Nuove Competenze al bonus per formazione 4.0: l’importanza di creare budget per progetti formativi seri.
Il refuso parte dal termine “formazione finanziata”: la formazione finanziata di per se non esiste, se consideriamo che il termine, rubato all’economia, porta completamente fuori strada creando illusioni di gratuità e di corsi a pioggia di cui abusare.
Nulla di più errato e di meno intelligente se le necessità reali sono decisamente più concrete, e basate su efficacia, efficienza, ma soprattutto su apprendimento e funzionalità per la crescita dell’impresa.
Le misure che agevolano le attività formative sono diverse, spesso attingono al denaro pubblico accantonato secondo modi e specifiche diverse, oppure generano crediti d’imposta se organizzate e rispondenti di determinati requisiti. Ma sempre di agevolazioni si tratta, che in alcuni casi permettono anche di generare liquidità, recuperare costi normalmente sostenuti per il quotidiano svolgimento lavorativo; in altri casi aggiungono somme a rimborso/pagamento dei docenti che si alternano nei diversi progetti formativi.
Di sicuro sotto le luci della ribalta in questo momento la misura Fondo Nuove Competenze, promossa da ANPAL e INPS, che fornisce rimborsi, non sul costo formativo ma sul costo della mancata produttività (fino al 60% della quota retributiva e 100% della quota contributiva). Una misura che sul primo sportello (marzo-giugno 2021) ha creato grandissime aspettative in quanto permetteva una formazione completamente interna e che il bando da pochi giorni aperto, ha visto modifiche in senso restrittivo per poter agevolare un numero molto più ampio di aziende con la revisione dei parametri di rimborso e di attuazione.
Sempre utili i grandi classici, ossia i fondi interprofessionali paritetici: vanno tuttavia scelti con attenzione, non per solo spirito di appartenenza ad un settore merceologico specifico, ma per trasparenza, flessibilità d’uso, onere burocratico di gestione e soprattutto necessità effettive delle imprese (più siamo piccoli, meno accantoniamo, più necessitiamo di sostegno).
Ma nell’ultimo triennio avrebbe potuto davvero farla da padrone il bonus per formazione 4.0: ossia la possibilità di generare un credito d’imposta per tutte quelle attività (anche svolte all’interno) che permettono alle aziende di sviluppare una corretta mentalità di approccio alla transizione digitale (e non di limitarsi ad investire in tecnologia spesso non utile ai processi di sviluppo se non perfettamente noti e tracciati).
Una misura che purtroppo ha risentito del timore e della paura di commercialisti e consulenti preoccupati da “eventuali controlli”, che quindi hanno tirato il freno a mano. Un vero peccato, visto che le percentuali di rimborso per il 2022 sono salite addirittura al 70%.
Meno noti (non si capisce per quale refuso culturale creino disagio e preoccupazione) gli Enti Bilaterali che non sono un obbligo di legge, ma garantiscono servizi e rimborsi per tutte quelle attività a supporto dell’impresa, ivi compresa la contrattazione sindacale e, se serve, anche l’opportunità attraverso i CCNL di secondo livello di contribuire a gestire gli aspetti salariali e di welfare con il massimo del vantaggio sia per il datore di lavoro che per il lavoratore stesso.
Anche per questi fondi, nel dubbio di dover approfondire, l’atteggiamento è stato “meglio evitare” facendo perdere risorse all’azienda oltre ché servizi ed efficienza per i propri lavoratori.
Cosa ci aspetta con la nuova legge di bilancio? Inutile fare previsioni, tuttavia nel momento in cui l’equity gender e la sostenibilità diventeranno il nuovo trend formativo del momento, qualche aspettativa su misure dedicate si è creata? L’aspettativa che queste misure possano riguardare anche amministratori, titolari e proprietà di tutte quelle imprese che credono nella formazione come valore aggiunto, e non come puro strumento di contorno da utilizzare per riempire “i tempi morti”.